L’amministrazione della giustizia è uno degli ambiti più importanti e delicati in uno Stato democratico. Parità di trattamento e proporzionalità sono due fra i principi che non è possibile violare se si vuole che la giustizia sia veramente tale e sia credibile agli occhio del cittadino. Quando il cittadino, alla notizia di una sentenza, percepisce che questi due principi non sono rispettati, il rapporto di fiducia si incrina. Nell’era dei social network si scatenano allora i giudizi sprezzanti, con il rischio di cadere – per fortuna virtualmente – nelle aberrazioni della giustizia di piazza. Queste riflessioni sorgono sempre più spesso in Ticino – ma probabilmente anche in altri cantoni – in relazione a due fattispecie di reati: gli abusi sui minorenni (soprattutto in relazione a pedofilia), da un lato; le violazioni delle regole della circolazione stradale, dall’altro lato. Recenti sentenze della giustizia ticinese hanno fatto gridare allo scandalo. Ne citiamo due esempi a caso. Il 7 febbraio scorso un automobilista è stato condannato ad una pena detentiva di 12 mesi sospesi con la condizionale per aver percorso con la sua automobile, a 121 km/h, il tratto in uscita dello svincolo autostradale a Manno, presso Lugano, dove il limite è di 60 km/h. Per il lettore del nord delle Alpi è utile sapere che quel tratto di strada in uscita è a doppia corsia e non in zona abitata. Il 2 giugno scorso un docente di scuola elementare è stato condannato per abusi su bambini (atti sessuali e coazione ai danni di tre allievi, violazione del dovere di assistenza, vie di fatto reiterate). La pena è stata stabilita in 14 mesi sospesi. Siccome il docente era stato in carcere preventivo per un anno, il tribunale gli ha riconosciuto un indennizzo per ingiusta carcerazione. Il procuratore pubblico aveva chiesto 3 anni e 9 mesi da scontare. Le reazioni in Ticino sono state di sconcerto. Alcune, verbalmente, molto violente. Il confronto tra i due casi e le due pene suscita perplessità. Nel primo caso non è stata violata l’integrità di nessuno e non è stato causato nessun danno. Per la nostra legge l’automobilista si è tuttavia assunto un rischio astratto di fare molto male a qualcuno. Nel secondo caso il danno c’è stato, concreto e ripetuto. Le due pene però differiscono di poco (due mesi). È giusto? Sono rispettati i principi della parità di trattamento e della proporzionalità? A prima vista non sembra proprio. In Ticino questi non sono casi isolati. Premesso che la legge in vigore va sempre e in ogni caso rispettata, contro chi la viola bisogna comunque decidere equamente. Se la legge non lo permette, va fatta una seria riflessione sulla legge stessa, sul sistema nel suo complesso, sulle pene comminate e sui criteri di commisurazione delle pene. Oggi non lo si fa. Occorre rimediare prima che il rapporto di fiducia fra cittadino e giustizia si incrini pericolosamente.
Marina Masoni / Articolo apparso sulla NZZ am Sonntag il 21 agosto 2016 con il titolo “Empörung über die Justiz”
Pubblicato il: 26/08/2016