Vincerà la Lega dei ticinesi o il Partito liberale radicale? Le elezioni federali in Ticino ripropongono la stessa domanda che aveva animato il confronto per le elezioni cantonali del mese di aprile. Gli equilibri politici nel cantone di lingua italiana sono cambiati molto. Per certi aspetti l’evoluzione ricorda quella avvenuta sul piano nazionale. Ma ci sono peculiarità di frontiera. La rivalità storica tra liberali radicali e popolari democratici resiste nell’animo dei vecchi militanti, ma non è sentita dai giovani ed è superata sia per i cambiamenti avvenuti nella società, sia perché il PPD non ha più la forza numerica per tenere testa al PLR. Fino a metà anni Novanta il partito di ispirazione cristiana aveva due seggi su cinque nel Consiglio di Stato (anche se c’era stata una pausa con un solo seggio tra il 1987 e il 1991). Oggi il recupero del secondo seggio perso con l’avvento della Lega dei ticinesi è un miraggio al quale nessuno crede più. Al contrario: il PPD, che sta cercando un nuovo presidente cantonale, non riesce a bloccare l’emorragia di voti e di seggi, elezione dopo elezione. Nemmeno il Partito socialista è un vero antagonista: in Ticino, negli ultimi anni, il PS ha scelto una linea sempre più dogmatica. L’elettorato di centro si allontana sempre più. Le posizioni assunte dal partito su due temi cruciali come i rapporti con l’UE e l’emergenza migranti hanno deluso anche molte persone che hanno sempre votato a sinistra. Il ruolo del PS ticinese è oggi marginale: come per il PPD, non si arresta la perdita di voti e di seggi. I protagonisti sullo scacchiere politico cantonale sono dunque solo la Lega e il PLR. Destra sociale e in molti ambiti statalista contro liberalismo alla ricerca di un profilo più popolare senza rinnegare i suoi principi. Per le federali di ottobre, i liberali radicali ritentano il tutto per tutto, come già avevano fatto nelle cantonali senza però raggiungere l’obiettivo. Per questo è sceso in campo il presidente Rocco Cattaneo, l’imprenditore che ha preso le redini del partito dopo la lunga stagione delle lotte interne. Se non ottiene tre seggi al Nazionale, rischia di buttar fuori uno dei due deputati oggi in carica. La Lega lancia un nome nuovo per gli Stati e, congiunta con l’UDC, punta a riconfermare i suoi due seggi alla Camera del popolo e quello democentrista. Il clima politico è più favorevole al leghismo che si dimostra più in grado di capire e di farsi interprete delle preoccupazioni della popolazione; per risolvere i problemi del Paese ci vorrebbe però più liberalismo. Questo è il dilemma ticinese. Il resto è contorno.
Marina Masoni / Articolo apparso sulla NZZ am Sonntag il 6 settembre 2015, con il titolo “Das Tessiner Dilemma”
Pubblicato il: 11/09/2015