Quali sono le priorità della politica oggi rispetto a quando voi eravate in governo? (magari vi chiedo anche sulla gestione del Covid, ma incentrerei sulle sfide per il Cantone: lavoro, trasporti, ambiente, finanze ecc.

A parte l’emergenza sanitaria, la priorità è definire una visione che indichi dove la nostra società intende andare nei prossimi dieci anni: potremmo definirlo il progetto Ticino 2030.

Il bivio davanti al quale ci troveremo una volta superata la pandemia è per certi versi analogo a quello davanti al quale ci eravamo trovati negli anni Novanta, durante la pesante crisi strutturale di quella fase: vogliamo un Ticino aperto, innovativo, coraggioso, inventivo, che gioca in attacco, o vogliamo un Ticino difensivo, ripiegato su se stesso, che gioca in difesa e guarda indietro?

Per me non ci sono dubbi: il futuro appartiene alla prima visione. Nella seconda non c’è futuro. C’è invece un rischio di declino aggravato da un fattore che 25 anni fa non c’era: il regresso demografico. Chi ha cullato il sogno o l’utopia della decrescita felice ora dovrebbe avere un’idea più chiara di cosa significhi la decrescita. È l’atrofizzarsi della società. E in questo scenario perde di più chi oggi ha meno, anche se l’effetto regresso investirebbe l’intera società.

Per questo la visione che può darci nuove opportunità è quella del Ticino innovativo, inventivo, coraggioso, aperto, che gioca in attacco. Si potrebbe dire: Ticino 2030 contro Ticino 1990.

Con quali contenuti o priorità? Lavoro qualificato; incentivi alle imprese, fiscalità compresa; mobilità più fluida (si è investito giustamente nelle ferrovie, ma bisogna continuare – Il completamento di Alptransit non può essere rinviato a dopo il 2050 , e bisogna migliorare anche il trasporto stradale, con le sei corsie autostradali; dobbiamo migliorare tutti i collegamenti, tutti i vettori, mobilità integrata); recupero della solidità finanziaria del Cantone e dei Comuni; adattamento ai cambiamenti climatici (non lotta ai cambiamenti climatici: questa è la nuova utopia che illude i cittadini e rischia di far regredire la società tanto quanto il declino demografico). Naturalmente in questo ambito le competenze sono soprattutto federali.

 

Come vi sembra cambiata la classe politica, in Ticino ma anche in Svizzera?

Bisognerebbe dire che è cambiata in peggio, ma così facendo si rischierebbe di essere visti come vecchi brontoloni che non accettano il ringiovanimento della classe politica. E quindi non diciamolo.

C’è tuttavia una priorità molto forte: bisogna recuperare la profondità (o si potrebbe dire la serietà politica). La politica a beneficio della società è un lavoro che richiede approfondimento, studio, documentazione, prima di passare alla fase delle proposte, delle soluzioni, delle realizzazioni. Oggi questa fase, questo gran lavorare dietro le quinte prima di uscire allo scoperto, sembra essere molto trascurata: nella politica di oggi ci sono una fretta sbrigativa e un’impazienza che lasciano poco spazio alla serietà / profondità. I social media hanno fatto e continueranno a fare la loro parte, ma la politica deve trovare il modo di darsi tempo.

 

Come avete fatto a governare assieme, Martinelli esponente di una sinistra molto profilata e Masoni identificata con la destra liberale?

Con una battuta si potrebbe dire che abbiamo fatto i secchioni gareggiando sulla serietà, la preparazione dei dossier, lo studio dei problemi, la raccolta di documentazione in vista delle decisioni. Quando si lavora così, il confronto/collaborazione/competizione fra la sinistra socialista e la destra liberale può dare frutti più che apprezzabili. Penso che per questo abbiamo governato bene insieme. Naturalmente, per quanto mi riguarda, fondamentale è stato il ruolo di grande cucitore di consenso svolto da Giuseppe Buffi.

 

Quali le rinunce, quali gli ingredienti per fare funzionare un sistema consociativo?

Le rinunce dettate dalla conoscenza, dal riconoscimento dei fatti e del fattibile, che significa prima di tutto coscienza dei limiti, in primis quelli dettati dalla struttura istituzionale in cui il potere esecutivo è ampiamento suddiviso e condiviso da esponenti di forze politiche anche molto diverse. Circuito di formula uno e strada reale. Le strade della politica non sono piste di formula uno, sono strade reali, normali, inserite in un territorio abitato, quindi non si può viaggiare con un bolide di formula 1, guidando come in formula uno, perché si farebbero grandi danni. Bisogna guidare un’auto normale. E nel nostro sistema istituzionale consociativo l’auto è una berlina a cinque posti con ampio bagagliaio, che non può viaggiare come una monoposto di formula 1 perché andrebbe a sbattere.

Quindi: confronto, mediazione (mediazione vera), accordo. Questo è il solo metodo praticabile in Ticino.

Mediazione vera nasce dall’approfondimento, non facilitata dai tempi della comunicazione politica contemporanea, ma va recuperata. Non è consenso/compromesso facile: né “ti lascio fare nel tuo dipartimento e tu mi lasci fare nel mio”, né tagliare a metà le richieste: a medio termine questi atteggiamenti paradossalemnte spingono all’estremo e rendono ancora più difficile costruire insieme.

 

Le personalità contano fino a che punto?

Come i piloti di formula 1 alla guida di una berlina a cinque posti. Un pilota di formula 1 guida anche un’automobile normale in città meglio di un comune automobilista: ha molta più personalità, evita i pericoli, ma non perde tempo. Personalità di guida.

Le strade della politica non sono piste di formula uno, sono strade reali, normali, inserite in un territorio abitato (quelle della politica consociativa), quindi non si può andare con un bolide di formula 1, perché si va a sbattere. Bisogna guidare un’auto normale. Ma se la guidano a turno cinque piloti di formula 1 è comunque meglio: hanno molta più personalità e sanno dove andare e come andarci meglio di altri.

 

Come avete fatto a far digerire il vostro sodalizio all’interno dei vostri opposti schieramenti?

L’accordo con la persona non è stata una preoccupazione. Non era un tema. I problemi da affrontare per il bene del Paese erano tanti e tali da spostare tutta l’attenzione e tutte le energie sulla ricerca di soluzioni fattibili, il che vuol dire concordate. A me sembra che i fatti ci abbiano dato ragione.

 

Cosa avete imparato lavorando assieme?

Che il metodo dell’ingegnere è importante anche in politica: se devi costruire un ponte, devi fare un progetto che rispetti le leggi della fisica, cioè devi fare in modo che il ponte stia in piedi e non crolli sotto il peso del traffico. Si possono immaginare e disegnare le più belle e più ardite arcate, ma se i calcoli ingegneristici dicono che non stanno in piedi, non si scappa: restano sogni campati in aria. Lo stesso vale in politica: si possono disegnare i più ardimentosi progetti di sviluppo o i più generosi programmi sociali, ma se i conti dello Stati dicono che non ci sono risorse per finanziarli, progetti e programmi non stanno in piedi: crollano sotto il peso dei debiti.

 

A volte si sente dire che l’ideologia è morta, che non vi sono più ideologie. Ma secondo voi rappresenta un ostacolo o l’anima della politica?

L’ideologia intesa nell’accezione positiva del termine è necessaria alla politica: ideologia come sinonimo di Weltanschauung, insieme di principi, valori, idee che guidano l’azione politica nella società con l’obiettivo di far vivere meglio le persone. La politica non può essere mero, grigio e banale pragmatismo. Per quest’ultimo sono sufficienti i buoni funzionari.

 

Coronavirus

I vaccini: la Svizzera ha agito male e troppo lentamente. Ad oggi solo il 6% della popolazione è completamente vaccinata (due dosi). Una vergogna. Per lo “scandalo” del rifiuto della proposta di Lonza / Moderna lasciamo a Berset e all’Ufficio della sanità pubblica il beneficio del dubbio, perché i fatti non sono ancora chiari. Ma anche senza questo episodio la questione vaccini mi pare molto mal gestita.

Su questo punto dobbiamo dire che il pragmatismo anglosassone ha davvero vinto rispetto all’approccio “ideologico” del continente: mi pare che noi ci siamo concentrati sui criteri di distribuzione del vaccino e ci siamo impantanati, mentre i pragmatici si sono concentrati a distribuire il vaccino. (imprenditorialità e burocrazia).

  1. Finora si è pensato soprattutto al dolore causato dal virus, ora bisogna pensare anche al dolore causato dalle misure antivirus (molte tra loro incoerenti).
  2. E’ ora di fare un piano per ridarci le nostre libertà e rimettere in gioco i valori fondamentali della nostra democrazia (liberté, égalité, fraternité): finora si è pensato sostanzialmente in termini di sola assenza di contagio. Ma non può essere tutto qui. Nemmeno la salute può essere ridotta a questo solo aspetto. Men che meno l’essere umano e la nostra società nella sua complessità.

 

Ascolta l’intervista su rsi.ch

Pubblicato il: 08/05/2024